Il Presidente francese si schiera contro il modello di business dello streaming musicale, promuovendo un sistema più giusto per gli artisti. Ma chi ne beneficia davvero?
Macron e la rivoluzione dello streaming musicale in Francia. Negli ultimi anni, la musica in streaming è diventata la modalità principale con cui il pubblico fruisce della musica, ma a quale prezzo per gli artisti? Le piattaforme come Spotify, Apple Music e Deezer hanno rivoluzionato l’industria musicale, ma una delle critiche più frequenti riguarda i compensi ricevuti dagli artisti.
La questione è stata recentemente sollevata dal Presidente francese Emmanuel Macron, che ha definito l’attuale modello di streaming “non equo”. In Francia, la musica è diventata terreno di dibattito politico ed economico, con Macron che ha posto l’accento sulla necessità di un sistema che riconosca di più chi crea la musica, invece di concentrarsi solo sui guadagni delle piattaforme.
Il ruolo di Deezer e la “tassa sullo streaming”
Uno degli attori principali in questa vicenda è Deezer, piattaforma francese che cerca di emergere in un mercato dominato da giganti globali come Spotify. In collaborazione con Universal Music, Deezer ha lanciato un nuovo modello “artist-centric”, progettato per garantire compensi più equi agli artisti. Tuttavia, il contesto economico e politico dietro queste mosse non può essere ignorato. Il governo francese, infatti, ha introdotto una “tassa sullo streaming” per tutte le piattaforme operative in Francia, nel tentativo di proteggere la cultura musicale nazionale e favorire la crescita delle imprese locali, come Deezer.
La risposta di Spotify e le implicazioni globali
Non tutte le piattaforme hanno accolto positivamente questa iniziativa. Spotify, in particolare, ha reagito aumentando i prezzi degli abbonamenti in Francia e riducendo gli investimenti nella musica locale, una mossa che potrebbe limitare l’esposizione degli artisti francesi su scala globale. Ciò solleva una domanda cruciale: l’appello di Macron per un sistema di streaming più giusto è davvero orientato a supportare tutti gli artisti o serve principalmente a sostenere aziende francesi come Deezer?
Il dibattito rimane aperto. Da una parte, il modello “artist-centric” sembra una risposta concreta alla domanda di molti artisti di ricevere compensi più adeguati per il loro lavoro. Dall’altra, le preoccupazioni sulla protezione del mercato nazionale contro i colossi globali come Spotify mettono in luce un possibile conflitto di interessi tra la cultura musicale e gli interessi economici. Con queste dinamiche in gioco, il futuro della musica in streaming appare incerto, ma una cosa è chiara: il dibattito su come ripartire equamente i profitti non è più rimandabile.
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